Dai diamanti non nasce niente, ma dai bidoni…
Come molti sanno, da qualche mese mi sono trasferita in un paesino sperduto nelle colline. Posto magnifico e perfetto per suonare, comporre, scrivere perché non ho nessuno intorno. Solo colline e prati a perdita d’occhio.
Questo è l’aspetto positivo.
Quello meno positivo è che, per esempio, la prima farmacia è a 15 min di auto. A piedi non si raggiunge nemmeno un bar.
Oggi mi servivano dei farmaci per Moka (ha la tracheite) ed era anche abbastanza urgente averli.
Chiamo la farmacia e, super disponibili come solo in campagna succede, mi dicono che possono portarmeli all'incrocio con la deviazione che porta al mio paese, entro venti minuti.
Inforco la bici e vado.
Attenzione: non avevo mai utilizzato la bici nella nuova abitazione (anche perché è tutto un sali-scendi e bisogna essere molto allenati). Era da un po' che volevo farlo e, grazie a Sara che domenica mi aveva aiutata a rimetterla in sesto, potevo finalmente usarla. Diversamente, avrei preso la macchina.
Pensavo ci volesse di più, invece, grazie alla strada con un bel dislivello di 450 m, tutto in discesa, arrivo 10 min in anticipo.
Non avendo cellulare e altri oggetti di “distrazione di massa” aspetto la farmacista, semplicemente facendo… nulla!
Resto lì e basta, senza alcuna connessione se non al mondo circostante.
Grazie a quella modalità “in ascolto” sento un suono... acuto, ricorrente.
Viene dai bidoni lungo la statale. Mi avvicino, si fa più forte.
Penso... oh no....
Oh sì.
Un gattino di nemmeno un mese, abbandonato.
Urla con tutte le sue forze, terrorizzato e disperato. I polmoni si riempiono così tanto per quei miagolii incredibili che sembra un pesce palla.
Provo ad avvicinarmi, ma nulla, scappa e si infila in un fossato sotto la statale.
Nel frattempo, arriva la farmacista, Eleonora, e si unisce a me nell'operazione di recupero.
Sto piccolino si infila ovunque, spaventato. Io scendo per la rupe, mi allungo in pertugi che nemmeno se mi avessero pagata avrei solcato.
Dopo mezzora di tentativi disperati lo acciuffo per la collottola.
Lo chiudiamo in una scatola e lo mettiamo nel portabagagli della macchina di Eleonora.
Ora è salvo e abbiamo anche una persona pronta ad adottarlo.
Inforco la bici e torno a casa. Contenta per questo piccolo momento di felicità. (Un po’ meno contenta per i 450 m di dislivello da fare in salita - ci metto 30 min e poi rinuncio proseguendo a piedi).
Un caso?
La riflessione è proprio questa. Pensa il caso.
La mia veterinaria che mi prescrive proprio oggi i farmaci.
La farmacista che mi dà immediata disponibilità per portarmeli.
Sara che mi aiuta a rimettere in sesto la bici, senza che fosse nelle cose da fare.
Io che, per la prima volta, la prendo (in auto non avrei mai sentito quel suono).
Il mio arrivo in anticipo (non succede mai).
L’aver dimenticato il cellulare.
Il non potermi connettere a internet che mi permette una speciale connessione alla realtà che mi circonda.
La Creaturina che, chissà da quanto tempo, chiede aiuto a pieni polmoni cercando di attirare l’attenzione in un posto dove non passa mai nessuno.
Doveva proprio succedere.
Sarebbe bello concludere dicendo… che il caso non esiste.
Tuttavia, penso che esista, eccome, ma che grazie alla nostra propensione a creare storie, alla fine troviamo un senso.
Credo che questo sia un meraviglioso dono dell’essere umano: saper collegare puntini in un cielo stellato e immaginare il nome delle costellazioni.
Saper trovare un senso alle cose che, molto spesso, un senso non ce l’hanno proprio.
Saper trovare successioni di note e renderle Musica.
Saper trasformare il caso in un qualcosa di magnifico.
Non c’è nulla di male nel credere che il caso non esista, nel collegare i puntini e credere che nel cielo sia davvero rappresentato un carro, nel raccontare un’emozione - la nostra stessa vita - attraverso una narrazione.
Anzi, non farlo, priverebbe delle “dinamiche” la nostra esistenza.
In fondo, anche in musica, cos’è l’interpretazione se non la capacità di dare un senso, attraverso le nostre emozioni, a una successione di suoni?
Quante cose dipendono dal nostro modo di interpretarle?
Il diario delle meraviglie
Da un po’ di tempo, tengo un diario nel quale, ogni giorno, annoto una piccola cosa bella per la quale essere grata.
Rileggerlo, a distanza di tempo, riesce sempre a sorprendermi e a farmi percepire una sorta di “felicità”.
Già, perché la felicità, secondo me, non è un piacere momentaneo dato dall’appagamento di uno dei nostri sensi. È piuttosto una stratificazione di serenità, pace e armonia con noi stessi e con ciò che abbiamo attorno. Una consapevolezza che si acquisisce col tempo.
Non è una sensazione passeggera: io la percepisco più come il risultato di tanti elementi, che si combinano fra loro, diventando forti proprio come un intreccio di fili. Ogni filo, preso da solo, si spezzerebbe facilmente. Insieme a tutti gli altri, invece, è in grado di sostenere il peso di momenti meno sereni.
Per questo, raccogliere queste perle in un diario mi aiuta a essere più serena e felice per quello che ho, ho avuto e… in un certo senso, che avrò.
Ogni giorno, infatti, mi alzo con la curiosità di scoprire cosa finirà in quel diario quella sera.
Sembra un aspetto di poco conto, ma questo piccolo appuntamento, mi porta a guardare la giornata con gli occhi di chi cerca qualcosa di bello e, se cerchi qualcosa, alla fine lo troverai. O meglio, avrai più possibilità di trovarlo rispetto a chi nemmeno si pone il problema di cercarlo.
È una sorta di ascolto attivo, pronto a captare quel preciso suono.
Quindi, se ti va, ti propongo di tenere questo diario per 7 giorni.
Finito quel periodo, valuterai l’effetto che ha avuto e deciderai se continuare.
Istruzioni
Ognuno può creare il suo diario come preferisce.
Ti dico come ho fatto il mio, dato che sono molto pigra, ho difficoltà a mantenere impegni a lungo termine e odio le abitudini (tutte cose che rendono quasi impossibile tenere un diario!).
Ho aperto un documento google (un foglio word in pratica) e l’ho nominato “Meraviglie”. Lo tengo online perché, conoscendomi, sarei capace di cancellarlo per sbaglio!
Se vuoi puoi farlo anche su un diario cartaceo.
Ogni giorno, dopo cena, mi fermo 5 min, non di più, per scrivere una cosa bella di quella giornata. Posso allegare anche una foto se ce l’ho, ma non devo superare le 5 righe. Perché? Se lo facessi capiterebbe che, presa dall’entusiasmo, un giorno scriva 10 fogli e… poi, per la stanchezza e l’ansia da prestazione, i giorni successivi più nulla.
Ricorda: l’obiettivo è allenarsi a guardare la giornata con gli occhi di chi cerca meraviglie.
Molti non crederanno a quello che dico e saranno liberi di non sperimentare.
Chi si darà la possibilità di intraprendere questo piccolo viaggio in 7 giorni, forse, potrà scoprire qualcosa che fino a oggi non conosceva.
Me lo auguro di cuore!
Un saluto dalle colline e un miao da un micetto salvato per caso!
P.S mi fa sempre molto piacere leggere i commenti e ti sarò davvero grata se vorrai farmi partecipe del tuo pensiero ❤️
anche io penso che il caso esista. esiste solo quello. non c'è altro. le cose accadono perché accadono... non c'è motivo.
vero che non c'è nulla di male nel vedere un carro tra le stelle nel cielo, ma è altrettanto vero che spesso può far danni il voler trovare un senso a tutti i costi, anche quando non c'è. ma qui si potrebbe aprire un discorso "pesantissimo" che non finirebbe più^^;
a ogni modo, scrivi molto bene ed è un piacere leggerti:) nonostante, per motivi miei che non sto a spiegare ora, tendo a leggere il meno possibile i pensieri altrui, con questo diario ho voluto fare qualche piccola eccezione:)
p.s. a differenza tua (a quanto pare) spesso fatico ad esprimermi e/o tendo a essere, volutamente, poco esplicito.
spero per questo di non essere frainteso e di non dare fastidio a nessuno... altrimenti me ne starò tranquillamente sulle mie^^;
saluti
La percezione è altissima!