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Avatar di Jack Doves

Si inizia un brano, magari lungo, magari una sonata, ci si concentra sul primo movimento per una settimana. E poi si cambia idea, "ne vale la pena? Non c'e' nient'altro che potrei fare, invece?". Sono un collega, insegno pianoforte nello Yorkshire, abbastanza vicino dalla tua amata Edinburgo da renderla raggiungibile in macchina in poche ore, ma abbastanza lontano da avere un clima meno grigio e umido. Quando penso alle attivita' interrotte e riprese dopo mesi, anni, o mai, mi viene sempre in mente la cadenza interrotta, il mio espediente musicale preferito. "Interrotta" nel senso che mi aspetto una risoluzione sulla tonica che invece non arriva. Interrotta, come il brano che ho iniziato la settimana scorsa ma di cui ancora non ho visto la terza pagina, pagina che non ho intenzione di vedere per chissa' quanto. Ma come sai, la cadenza interrotta in alcune situazioni si puo' anche chiamare "cadenza d'inganno", come nel Preludio del Rigoletto. Quindi siamo ingannatori? O ingannevoli? Deriva da questo la sindrome dell'impostore? Sapere inconsapevolmente che la risoluzione sulla tonica tardera' ad arrivare, o non arrivera' mai? Si deve arrivare alla tonica solo tramite una cadenza perfetta?

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Avatar di Roberto

Con Greyfriars Bobby mi si apre il cuore. Ho un peofondo legame affettivo con Edinburgh. Pensa che ho adottato a distanza il Giant Panda dello zoo orgoglio degli Edimburghesi.

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