Un piccolo salto nel passato, anno 2000.
Stavo preparando l'Ottavo anno di pianoforte frequentando come allieva il Conservatorio di Torino e il penultimo anno di liceo.
Vivevo a casa con mia madre e avevo un fidanzato organista con il quale spesso viaggiavo per l’Europa, seguendolo nei suoi tour concertistici. La foto sopra l’aveva scattata proprio lui.
Qui sotto puoi vedere una foto di quell’anno all’organo dell’Alpe d’Huez in Francia.
Adoravo la tecnologia e da poco avevo acquistato il mio primo Mac, di quelli ancora con il tubo catodico!
La mia meravigliosa Maestra , Maria Gachet, era appena andata in pensione e mi aveva affidata alla guida di Claudio Voghera. Un cambiamento epocale, dato che per me era stata molto più che un’insegnante.
Mi aveva conosciuta a 10 anni e da quel momento, due volte a settimana, era diventata un appuntamento fisso in grado di farmi crescere, maturare e affrontare le difficoltà delle quali il pianoforte era una piccola metafora e palestra.
Era riuscita a comprendere il mio carattere introverso, il mio disagio nelle situazioni sociali, la mia incapacità di relazionarmi con i compagni e il continuo desiderio di stare da sola.
Mi aveva persino capita il giorno che le dissi che non volevo più studiare pianoforte per potermi dedicare solo all’organo e al clavicembalo.
Non si era opposta. Mi aveva solo proposto di finire l’anno in corso, dato che avevo appena fatto un esame (il quinto anno) dal quale ero uscita con 10, senza che nessuno se lo aspettasse. Ero sempre stata l’allieva più in difficoltà e il quarto anno avevo persino rischiato di ripeterlo.
Grazie a quell’attesa avevo preso la decisione di non smettere con il piano e di portare avanti parallelamente i tre strumenti e la scuola.
Al saggio di fine anno mi aveva fatto portare un pezzo per organo, la toccata Dorica di Bach, oltre alla performance pianistica. Ricordo ancora le facce degli spettatori quando, alla fine della mia esecuzione al piano, la Gachet si era alzata, mi aveva accompagnata all’organo e aveva annunciato a tutti che avrei suonato quel brano.
Era orgogliosa e io ero felice di renderla tale. Pensavo di averle sempre dato solo preoccupazioni, con tutti i miei alti e bassi. Mesi in cui studiavo e altri in cui non riuscivo a concludere nulla.
Beh, nella prima foto, era da pochi giorni che avevo cambiato maestro. Voghera, insegnante stupendo… ma non ancora abituato a una simile instabilità.
Stavo preparando i preludi e fuga del clavicembalo ben temperato e contemporaneamente studiavo organo e clavicembalo in ogni momento libero.
Quella era la mia stanzetta: poco più che uno sgabuzzino nel quale ero riuscita a stipare un pianoforte 1/4 di coda, l'organo elettronico, il letto a soppalco, una piccola libreria e armadio per le mie cose. I compiti li facevo sul letto e tenevo i libri sulla cima dell’armadio.
Continuai a frequentare la maestra Gachet per molti anni, incapace di separarmene.
Questo è un bigliettino di auguri che mi donò in occasione del Natale del 2015. Non penso di essermi mai commossa così tanto.
Di acqua sotto ai ponti ne è passata molta.
Alcune cose sono rimaste uguali: per esempio i miei alti e bassi.
Come ho già scritto qualche giorno fa, ho dei momenti in cui fare le "cose" mi pesa tantissimo. Un po’ come alzarsi con una zavorra da 100 kg addosso e dover svolgere tutte le solite attività. Momenti in cui ho sempre sonno, non ho voglia di vedere nessuno (beh, quello a prescindere!), non faccio movimento, ogni scadenza diventa un conto alla rovescia distruttivo che mi logora ad ogni istante… e che rimando e rimando fin quando non è troppo tardi. Sensi di colpa a manetta.
Altri momenti, invece, in cui sono un trattore. Produco, studio, progetto e realizzo di tutto e di più, tanto che le persone che mi conoscono non riescono a starmi dietro.
Quello che posso dire, dopo tutto questo tempo, è che, se prima pensavo che la condizione di stanchezza, inattività, umore sotto i piedi, sensazione di stare buttando via la mia vita e il desiderio di non svegliarsi più, fosse una condizione che mi avrebbe afflitta per sempre, ora so che passerà.
Questo pensiero mi impedisce di raggiungere la disperazione maligna: quello stato in cui, oltre al disagio che provo in quel momento, oltre alla consapevolezza di quante volte mi sia già capitato in passato, ho paura che durerà per sempre. E da quello stato è molto difficile tirarsi su perché non trovi nemmeno un bagliore a indicarti come uscire dalle tenebre.
Da qualche anno (non tantissimi) so che è una questione di tempo: resto al buio, mi crogiolo in quella disperazione inattiva, tocco bassissimi livelli in tutto quello che faccio, l’attività fisica si riduce al minimo, ma so che non sarà così per sempre.
Stringo i denti per qualche settimana, a volte qualche mese, sapendo che arriverà la svolta, a patto di lasciare sempre aperto quel piccolo spiraglio.
E la svolta arriva e non è chissà quale grande azione: spesso prende vita da un piccolissimo cambiamento, una trascurabile novità nella mia quotidianità.
In questi giorni, per esempio, c’è stata grazie all’idea di pubblicare in diretta le mie sessioni di studio al piano.
Il fatto di avere un appuntamento fisso, uno studio condiviso con i miei allievi e con tutte le persone che mi seguono, mi ha fatto risvegliare dal torpore e ha fatto riemergere le forze per sostenere quell’attività.
So bene di avere tratti autistici oltre all’ADHD. Poco tempo fa avevo fatto un test ed era risultato estremamente positivo. Ma anche senza test sarebbe stato evidente :)
Tuttavia, nonostante le mie difficoltà, l’idea di non essere sempre sola in tutto quello che faccio è qualcosa che mi dà una grande forza e mi ritengo molto fortunata.
Oggi tutta la mia vita gira intorno alla bellezza di condividere quello che ho imparato con le persone che mi stanno vicine. Farle crescere ed essere per loro una fonte di ispirazione anche e soprattutto quando le condizioni di vita non sono favorevoli.
E niente, oggi avevo bisogno di scrivere queste cose.
Grazie per aver letto fino a qui.
Silvia
P.S. adesso vado a studiare e trasmetto in diretta!
Aveva ragione la tua maestra, sei una persona splendida e lo si percepisce appena si ha la fortuna di incontrarti. Quando poi condividi con noi i tuoi ricordi e i tuoi pensieri se ne ha la conferma! Ti voglio bene! ❤️
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